La Sindrome di Haglund: cos’è e come trattarla

12 Nov 2021 | patologie

Sindrome di Haglund

Cos’è la Sindrome di Haglund?

 

 

La Sindrome di Haglund si manifesta con un’alterazione del normale profilo anatomico del calcagno, legata ad una presenza eccessiva di osso che può determinare un aumento dell’attrito con i tessuti molli circostanti e con la calzatura. Questa prominenza viene anche definita “esostosi” e chi soffre di questa patologia lamenta forti dolori al tallone, difficoltà ad indossare calzature chiuse, importanti problemi di deambulazione, episodi di borsite retro calcaneare, tumefazione e infiammazione, oltre ad ipersensibilità localizzata nell’area inserzionale del tendine d’Achille.

 

 

Cause più frequenti

 

Andiamo a scoprire le cause più comuni per cui possiamo andare incontro a questa patologia, che sono molteplici e multifattoriali, anche se attualmente la scienza ha individuato tre diversi elementi di rischio:

  • cause anatomiche relazionate a problemi relativi alla forma della zona del tallone e del calcagno;
  • Lo sport che può incidere alla formazione dell’esostosi. In particolare, chi sforza spesso la parte posteriore del piede (discipline come la corsa, la maratona oppure la marcia) è più predisposto alla sindrome di Haglund. Allo stesso modo, chi utilizza scarpe sportive inadatte e troppo rigide e chi sforza il tendine d’Achille va incontro ad una serie di micro lesioni che, in fase di guarigione, creano accumuli di calcio che finiscono con l’irrigidire la zona di inserzione del tendine d’Achille;
  • La postura ovvero Patologie alla colonna vertebrale o costanti posizioni errate che costringono il corpo ad appoggiare il peso sul tallone oppure tendono a sbilanciarlo in avanti possono sollecitare il tendine in maniera eccessiva.

 

Sono queste tutte situazioni che possono portare il soggetto ad andare incontro all’insorgenza della malattia. Anche il piede cavo, poi, è considerato un fattore predisponente.

 

 

 

Diagnosi e sintomi

 

 

La diagnosi è molto facile da realizzare: si analizza la componente scheletrica dell’esostosi e l’eventuale presenza di calcificazioni intra e/o peritendinee attraverso un esame radiografico. Mediante la RMN (e anche con l’ecografia) è possibile vedere il tallone infiammato e il deterioramento del tendine d’Achille al fine di valutare il grado di interessamento dei tessuti molli.

I sintomi più comuni della malattia di Haglund sono:

  • dolore al tallone, localizzato dietro al calcagno, a livello dell’inserzione del tendine di Achille. Il dolore si attenua a riposo, ma si avverte pungente alla palpazione; tumefazione visibile: il normale profilo del calcagno è alterato dalla presenza di una protuberanza dura al tatto;
  • gonfiore e rossore, in fase acuta il dolore è accompagnato da infiammazione;
  • limitazione funzionale, il dolore si scatena durante l’attività fisica e a lungo andare la mobilità della caviglia si riduce con conseguente rigidità del movimento articolare.

 

La Sindrome di Haglund può essere accompagnata da una borsite posteriore al tendine di Achille e da una tendinopatia inserzionale del tendine, oltre ovviamente ad una irritazione superficiale dovuta allo sfregamento. Può inoltre essere correlata alla fascite plantare: l’infiammazione della fascia plantare.

 

 

 

Sindrome di Haglund: Cure e Trattamenti

 

 

Per quanto riguarda le cure per la sindrome di haglund abbiamo due possibilità una fase conservativa e una fase interventista, una volta individuato il problema è fondamentale iniziare ad utilizzare calzature adeguate in base alla forma del piede ed alle attività che si andranno a svolgere: in questi casi un plantare su misura, che renda più confortevole l’appoggio ed attutisca i difetti posturali, aiuta moltissimo.

Per i soggetti più sportivi è altamente consigliata la sospensione o il rallentamento degli allenamenti, al fine di non alimentare l’infiammazione peggiorandone la gravità.

La soluzione può essere conservativa se intrapresa dopo le prime avvisaglie, con l’assunzione di antinfiammatori e terapia locale e fisioterapia specifica che comprende l’uso di terapia fisica per cercare di sfiammare la prominenza ossea, spesso partendo da plantari su misura che rendano più fisiologico l’appoggio del retropiede.

Quando la situazione diventa cronica, esiste una soluzione chirurgica, che consiste nell’asportazione della sporgenza ossea e in piccoli taglietti lungo di decorso delle fibre tendinee dell’Achille. Dopo un primo periodo in tutore, iniziare precocemente il trattamento riabilitativo accelera la guarigione e permette allo sportivo di tornare presto all’attività preferita. Nei casi più gravi si può anche correggerne il difetto di appoggio.

Non c’è alcun bisogno di praticare l’intervento in cui il tendine d’Achille viene staccato e poi riattaccato in modo artificiale con viti e fili non riassorbibili. L’operazione è naturale e mini invasiva in artroscopia permettendo di eliminare il dolore e recuperare i movimenti quanto prima.

 

 

 

 

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